Progetto Lupo Monte Adone – 13 anni per la tutela del lupo
Oggi, di fronte all’aumento preoccupante dei casi di bracconaggio e avvelenamento, il tuo aiuto è più importante che mai.
Negli ultimi anni, solo nel nostro Centro, il numero di lupi, vittime di avvelenamento e bracconaggio, rappresentano oltre un terzo dei recuperi.
Il Progetto Lupo Monte Adone ha recuperato e curato 121 lupi, diventando un punto di riferimento nazionale per il soccorso e la riabilitazione di questa specie.
Ogni animale accolto richiede cure e riabilitazioni complesse e strutture adeguate per garantirne il benessere e la sicurezza.
Per continuare a rispondere al crescente numero di richieste di intervento provenienti da tutta Italia, stiamo progettando la costruzione di tre nuovi recinti di riabilitazione, indispensabili per garantire l’accoglienza dei lupi feriti.
Come puoi aiutarci?
È grazie all’impegno e alla fiducia dei nostri sostenitori che il sogno di un centro d’eccellenza per la tutela del lupo è diventato realtà.
Oggi, mentre affrontiamo nuove sfide legate all’aumento degli atti di bracconaggio e avvelenamento, il vostro sostegno è più importante che mai! DONA ORA
Uno sguardo al futuro
Il soccorso, la cura e la riabilitazione dei lupi, così come per altre specie selvatiche, hanno costi molto onerosi.
Le spese veterinarie sono sicuramente una voce importante, tuttavia, sono molto alti anche i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture di accoglienza e dei recinti per i lupi feriti e per quelli che, per diverse ragioni, non possono tornare liberi. La nostra esperienza ci ha insegnato che la loro presenza e il loro ruolo divengono preziosi durante la degenza di cuccioli e adulti.
La Regione Emilia Romagna e solo alcune altre regioni con cui sono in essere convenzioni o accordi, coprono parte dei costi di cura e degenza a titolo di rimborso spesa. Il numero crescente di lupi recuperati, le richieste di collaborazione da altre regioni, nonché la presenza di alcuni lupi ospiti fissi del Centro, rendono oggi necessario un nuovo investimento nelle strutture di accoglienza per i lupi.
Per continuare a garantire standard elevati di cura e riabilitazione, il Centro ha avviato la progettazione di tre nuovi recinti di riabilitazione immersi nel bosco.
– Recinto n. 1 – circa 2500 mq –76.372 € totale iva inclusa
– Recinto n. 2 – circa 1000 mq – 43.212 € totale iva inclusa
– Recinto n. 3 – circa 1000 mq – 15.498 € totale iva inclusa
Tutti i preventivi includono:
– Pulizia zona interessata e predisposizione terreno, con sistemazione avvallamenti del terreno ove necessario;
– Scavo in sezione per interramento rete circa 80 cm. In presenza di roccia la rete verrà fissata a terra tramite appositi tasselli;
– Realizzazione struttura per supporto rete con pali;
– Montaggio e tiraggio rete;
– Fornitura e montaggio scorrevoli e cancelli in ferro interamente zincati a caldo;
– Manodopera, materiali inclusi pali e rete, trasporti, utilizzo macchine movimento terra e piegatura pali con antisalto;
– Il recinto 2 include un box di 2 m x 2,5 m coibentato completo di porta di ingresso e scorrevole di uscita verso l’interno del recinto;
– Il recinto 3 include la realizzazione di un’area di rifugio.
Quando tutto è cominciato
Nel 1989 quando abbiamo iniziato il nostro operato, il lupo era una specie abbastanza rara nell’Appennino tosco-emiliano. Infatti, il primo lupo ferito è arrivato al Centro solo nell’anno 2000: Marta, una lupa di circa sei mesi, investita sulla tangenziale di Modena. Dopo di lei, fino al 2011, altri tre casi, tra cui Isabel, una giovane lupa caduta in un tombino, sulle colline bolognesi; lei è stata la prima lupa rilasciata con un radiocollare satellitare (in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma) e che ha segnato l’inizio di un nuovo percorso.
Negli anni Settanta il lupo in Italia era quasi estinto e considerato una specie nociva. A partire dal 1971 iniziano le prime misure di tutela fino alla sua protezione legale. La Legge 157/1992 e la Direttiva Habitat europea ne rafforzarono la protezione, favorendo la ripresa della popolazione in Appennino e sulle Alpi.
Il regime di protezione del lupo, ha permesso alla specie di ritornare ad occupare l’Appenino e spingersi fino ai territori di pianura, dove questa specie può sfruttare un ambiente ricco di risorse trofiche, ma dove l’uomo non è abituato alla sua presenza. Nel 2025, a livello europeo, lo status del lupo è passato da “strettamente protetto” a “protetto”, consentendo una gestione più flessibile ma mantenendo l’obbligo di conservarne la popolazione.
Questo non ha cambiato il ruolo del nostro Centro che, ai sensi della Legge 157/1992, continua a recuperare gli animali selvatici rinvenuti feriti e in difficoltà e tra questi anche il lupo.
La nascita del progetto
A partire dall’anno 2012, la maggior presenza del lupo sul territorio ha determinato un aumento degli esemplari trovati feriti o in difficoltà; il Centro ha così deciso di mettere a frutto l’esperienza maturata con i primi soccorsi e la visibilità ottenuta in seguito al recupero del lupo Navarre, per dare il via a un progetto specifico, dedicato a questa specie. Il nostro intento era quello di diventare un centro specializzato nel soccorso, nella riabilitazione e nella reintroduzione in natura dei lupi e quindi un riferimento anche per altre regioni.
Il progetto è stato avviato con obiettivi chiari:
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- Realizzare una struttura di prima accoglienza con infermeria dedicata e recinti per la breve degenza, collegati al recinto di riabilitazione già esistente;
- Sviluppare attività didattiche e divulgative finalizzate alla sensibilizzazione della cittadinanza;
- Promuovere attività di ricerca scientifica sulla specie.
Le strutture di accoglienza
Nell’aprile 2012, prima della nascita del nostro progetto, grazie alle donazioni ricevute dopo il recupero del lupo Navarre e al contributo del “5 per mille”, il Centro è riuscito a realizzare il primo recinto di riabilitazione.
Nell’estate 2014 siamo riusciti a raggiungere il primo obiettivo, si sono conclusi, infatti, i lavori per la costruzione dell’intera parte strutturale del progetto: nasce così Just Freedom, una delle prime aree in Europa completamente dedicate alla cura e riabilitazione dei lupi, grazie al finanziamento ricevuto da Almo Nature attraverso il suo “aLmore Fund Europe” e al contributo del “5 per mille”. Questo spazio ha ricevuto il parere favorevole di I.S.P.R.A.
L’intera area è immersa nel bosco, in uno spazio isolato e adatto alle esigenze della specie. Vi è una struttura di prima accoglienza a temperatura controllata, con infermeria e box di degenza. Questi sono collegati a tre recinti di degenza di piccole dimensioni; vi sono inoltre due grandi recinti di riabilitazione dove i lupi vengono trasferiti non appena il percorso riabilitativo lo permette. Tutte le diverse aree sono collegate tra loro da un sistema di scorrevoli per garantire la massima sicurezza nelle operazioni di gestione dei lupi in degenza. Tutti gli spazi sono video sorvegliati con un totale di 14 telecamere e grazie alla fibra ottica, è possibile controllare gli animali in tempo reale. Grazie a questa struttura, il Centro ha migliorato significativamente la qualità della gestione dei lupi e la sicurezza delle operazioni.
A Febbraio 2020, grazie al finanziamento di LUSH e al contributo del “5 per mille”, è stato realizzato un ampliamento della struttura Just Freedom.
Anche questo nuovo spazio videosorvegliato, costituito da un recinto di riabilitazione con un ulteriore box di degenza annesso, rappresenta per il Centro un importante traguardo poiché permette di aumentare la capacità di accoglienza di un sempre maggior numero di lupi vittime di incidenti stradali e atti di bracconaggio.
I lupi recuperati
Ad oggi (ottobre 2025) il Centro ha recuperato 121 lupi provenienti non solo dall’Emilia Romagna, ma da tutto il territorio nazionale. Cinque tra questi sono attualmente ancora in degenza, mentre 93, nonostante le condizioni, spesso gravi, al momento del loro soccorso, sono stati recuperati con successo.
9 non sono potuti tornare in libertà, tuttavia la loro presenza è diventata un prezioso supporto durante la degenza di cuccioli e adulti in riabilitazione. 84 sono invece i lupi che, grazie alle cure e alla riabilitazione, sono potuti tornare in natura.
Tra questi ricordiamo alcune storie tra le più significative come quella di Rio, Ginevra, Darko e Valentino che con le loro storie sono diventati importanti ambasciatori per la loro specie.
Bracconaggio e avvelenamenti: una difficile convivenza
Tra le principali cause di recupero ci sono gli incidenti stradali, tuttavia dal 2020 il 34% dei soccorsi è dovuto ad avvelenamenti e atti di bracconaggio, fenomeno in preoccupante aumento, che ci impegna sempre più in prima linea nella tutela della specie. Questo rivela una convivenza difficile e una scarsa accettazione sociale, soprattutto in alcune aree dove la presenza del lupo è percepita come una minaccia. I casi noti rappresentano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno sommerso più ampio, che spesso resta sconosciuto e impunito. Tra i lupi che il Centro ha rilasciato, sono dodici quelli uccisi per un atto di bracconaggio durante il periodo in cui era in corso il loro monitoraggio tramite radiocollare satellitare.
Lamar, il cui collare è stato trovato tagliato e distrutto dentro un lago
Agata, avvelenata e uccisa da un colpo d’arma da fuoco
Drago morto impiccato in un laccio
Cosmo, Geronimo, Jacopo e Liam uccisi da un colpo d’arma da fuoco
Valentino, Bernardo, Levante, Edmondo e Saturno avvelenati
A questi casi confermati si aggiungono altri venti lupi di cui abbiamo improvvisamente perso ogni traccia, insieme al radiocollare, alimentando il sospetto che anche in questi episodi siano stati uccisi. Purtroppo, quando un lupo viene ucciso, il radiocollare può essere manomesso o distrutto, rendendo impossibile il ritrovamento del corpo.
Educazione e sensibilizzazione
Il Progetto Lupo Monte Adone oltre al recupero include le attività di educazione e divulgazione, rivolte alla cittadinanza, con l’obiettivo di far conoscere questa specie, sfatando antiche credenze, paure e favorendo una convivenza consapevole.
“Le persone temono quello che non conoscono, ed è particolarmente vero in questo caso. Il primo passo per educare a una convivenza rispettosa è far conoscere la vera natura dei lupi. Portiamo avanti questo compito attraverso le storie dei nostri ospiti, che sono diventati, al pari di Navarre, veri e propri ambasciatori della specie: con le loro ferite e i loro esempi di resilienza, hanno aperto un varco nella diffidenza degli umani. In questo senso aver dato loro un nome, pur senza umanizzarli, si è rivelato uno strumento potentissimo di empatia. Abbiamo creato tantissimi progetti divulgativi, rivolti alle comunità locali e soprattutto ai bambini.”
(dal libro “Come il respiro del vento” di Elisa Berti)
Sappiamo che questo obiettivo è il più ambizioso, negli anni, infatti, anche attraverso il proprio Progetto Scuola, promuoviamo la tutela e la conoscenza della fauna selvatica e la diffusione di una corretta cultura ambientale. Durante gli incontri in classe è prevista una sezione dedicata al lupo, supportata da video e attività ludiche mirate.
Da sempre il Centro considera fondamentale condividere il proprio lavoro con la comunità, organizzando numerosi eventi pubblici rivolti alla cittadinanza, spesso in collaborazione e con il patrocinio di enti e amministrazioni del territorio. Nel corso degli anni sono nati anche progetti speciali realizzati attraverso diversi media, come la serie TV La Famiglia Salvanimali in onda su Sky Uno, il libro I figli del bosco di Giuseppe Festa (ed. Garzanti), il docufilm Il contatto di Andrea Dalpian — premiato in numerosi festival nazionali e internazionali dedicati all’ambiente e distribuito nei cinema italiani dal dicembre 2021 — e il libro Come il respiro del vento di Elisa Berti (ed. Sonzogno)
Negli ultimi anni, queste iniziative hanno ottenuto una risonanza sempre più ampia anche a livello internazionale, come dimostrano il mini documentario La storia di Navarre il lupo su YouTube, che ha superato i quattro milioni di visualizzazioni, e la traduzione in lingua ceca del libro I figli del bosco.
In questi anni le persone conosciute, le collaborazioni nate e cresciute sono state tantissime; il Centro, infatti, anche grazie alla sua intensa attività di comunicazione e di divulgazione, è diventato un punto di riferimento anche a livello internazionale. Ha ricevuto infatti richieste di supporto dall’estero, come nel caso di un giovane lupo soccorso nella Repubblica Ceca, per il quale ha condiviso competenze e esperienza. Grazie alla collaborazione con le autorità e i tecnici locali, il lupo è stato riabilitato e poi liberato, monitorato tramite radiocollare satellitare.
Monitoraggio
Il terzo obiettivo del Progetto Lupo Monte Adone è il monitoraggio post rilascio dei lupi riabilitati. Sono stati proprio i radiocollari a far nascere, nel 2013, la collaborazione con il Wolf Apennine Center del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, che negli anni ci ha portato a condividere numerose esperienze e progetti, anche nell’ambito della divulgazione. Il loro supporto è stato indispensabile per accrescere le nostre conoscenze e il rapporto professionale con i tecnici del parco si è consolidato nel tempo divenendo oggi una collaborazione imprescindibile.
Monitorare i lupi rilasciati è fondamentale per dare un senso più ampio al nostro lavoro.
L’obiettivo scientifico è senz’altro primario e il monitoraggio risponde anche all’esigenza di valutare concretamente i risultati del nostro operato.
I radiocollari, infatti, sono uno strumento molto prezioso che ci offre l’opportunità straordinaria di acquisire informazioni preziose sul comportamento degli animali selvatici dopo un periodo di cura e riabilitazione, valutando la loro sopravvivenza a medio-lungo termine, magari incrociando i dati che abbiamo raccolto su ogni individuo con gli altri disponibili, derivanti per esempio da avvistamenti, progetti di ricerca specifici o immagini delle fototrappole.
Il costo di un radiocollare è di circa 2500 euro. A questo vanno aggiunti gli alti costi del traffico satellitare che ci permettono di ricevere i dati relativi ai movimenti dei lupi.
La durata del radiocollare dipende da quante informazioni richiediamo, indicativamente nel nostro caso è di circa due anni. Dopo questo tempo il collare si stacca e, una volta recuperato può essere sostituita la batteria (con un costo di circa 900 euro) e riutilizzato.
Tutti i costi relativi ai radiocollari (acquisto, ripristino, traffico satellitare) sono una voce che pesa sul nostro bilancio poiché in diversi casi le regioni non se ne fanno carico. Riteniamo che rilasciare un lupo dotandolo di un radiocollare, sia una doverosa assunzione di responsabilità, soprattutto in un momento storico così complesso per questa specie.
Il nostro obiettivo più ambizioso è quello di elaborare tutti i dati raccolti in questi anni così da poter procedere con una sintesi analitica qualitativa e quantitativa dei casi di esemplari di lupo recuperati, riabilitati e rilasciati in natura.


